Abitare i tralicci di ferro, dove il tempo somiglia alle mani che ponevano in fila tutti i pezzi di ferro fino all’ultima struttura, composta, è adesso che guardo il traliccio di ferro, l’imposta, che compone in finestra l’immagine tutta rimpicciolita.
Ora è grande quanto le dita, il traliccio, e quasi riesco a controllarne la fibra elettrificata – m’illudo, di farlo – nel tempo piccolo dello scatto di finestra chiusa sopra: circoscrivo.
L’energia è il confine furtivo che divide le cose, e le diventa.
Sono ferma davanti a qualcosa che sembra morire, ma torna: Impedenza.
Qualche cosa che rende la stanza un bipòlo, che resiste al passaggio sul suolo della luce alternata, se mi muovo, col buio dell’ombra di corpo.
Proprio adesso spalanco: un rumore d’imposta invertito – tutto quello che vedo: un traliccio.
Ada Sirente, IV Colleverde ( i tralicci) da Collevero, Di Felice edizioni, 2013
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