Angèle Paoli – Il Leone degli Abruzzi

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Il  Leone degli Abruzzi

 

I

Lei
aveva dimenticato tutto
di quel giorno
tutto o quasi
Ed era febbraio
il tempo delle febbri
fredde
delle luci
filanti
che filtrano tra le dita nude
dei platani
era il tempo del Tevere
dello scorrere d’acque
brumose
sugli argini
era il tempo
dei giorni brevi
in cui percorrere le vie
della città
urta  ai limiti
della notte
presto scesa
era il tempo
della cantina
di Largo Argentina
a due passi dal Foro
di Cesare assassinato
“tu quoque mi fili”
parole di morte

risuonano in gola
Cesare assassinato vacilla
sotto la lama affilata
che lacera il cuore
E non restano
che gatti erranti
su un campo di rovine
e frammenti smembrati
di colonne distese
che nessuno
interroga più

Era il tempo
delle deambulazioni
nel passato distrutto
della città in inverno.

.

II

.
Una sera
una sera di nera notte
senza luna  la cantina
sembrò tutt’altro
appena socchiusa
la porta
subito richiusa
sulle nozze festose
si riaprì su loro tre
pregandoli di entrare
e d’accomodarsi
Restarono immobili
sulla soglia
indecisi
ma la voce pressante
li invitò
tra gli ospiti
presero posto
al grande tavolo
apparecchiato  a festa

Come ospiti d’onore
occupavano il centro
attorniati da volti
accorti
ridendo e parlando ad alta voce
per celebrare
il fiero festino
di una notte di nozze.

III

C’erano
tonache nere
e cornette bianche
gioia soprattutto
e buonumore
si mangiava e rideva
 si rideva e beveva
e tutto scorreva a fiotti
le risa e i vini
anche la musica
riempì la grande sala
 e ognuno si alzò
per seguire
i musicisti
in sarabanda
pesanti velluti
e scarponi
da campo
cappelli
delle montagne
incise dai venti
mandolini e vielle
trictrac tamburelli
pifferi e flauti.

Cornette e tonache
s’univano
non formando
che un unico uccello
del tempo

 

IV

 
La cornetta era bella 
bella ma nera 
grande uccello bianco 
vibrante 
d’ampie ali 
pronto a involarsi 
una mano sollevò 
alto
il plissé dell’abito 
scoprendo 
una coscia audace 
inguainata di nero 
nella rete a losanghe 
salendo in alto 
fino alla giarrettiera 
dove sanguinava scarlatta 
una rosa splendente 
posta
ai confini eburnei 
della carne

 

Invitata dalla tonaca 
lunga 
lunga e nera 
la cornetta indiavolata 
si alza
inarcandosi snella 
un lembo di abito cadde 
poi un altro ancora 
scoprendo 
una gonna stretta  
sulla coscia inguainata 
di nero 
e la rosa scarlatta 
sempre  ancorata
come un cuore
aperto 
alla rete 
satinata di nero 
e grondante 
petali  di sangue

 

Lei 

 

volteggiava
ritmando il saltarello 
a tre tempi busto offerto 
seni tesi 
sotto la velatura 
fianchi inarcati in attesa 
di un invito segreto 
e l’Eros fluiva
diffondendo onde 
di piacere 
ammalianti onde 
di flussi insospettati 
e i tacchi sbattevano 
decisi e ribelli  
firmavano il rifiuto 
della bella a cedere 
alle leggi selvagge 
del desiderio.

 

 

Lei

 

Abbagliata
seguiva con lo sguardo
l’ uccello della notte
scossa da brividi
assorta
nella precisione
di gesti e posture
un cavaliere si offrì
s’impossessò
del suo sguardo
e poi delle sue spalle
lei
turbata tentò
di sottrarsi ma
portata
verso il centro
dentro al cerchio
lei
arrischiò un passo
poi un altro
presa
nel turbinio nero
del ritmo degli Abruzzi 

 

Il Leone di montagna
guardiano del suo mistero
presidiava
a questa notte esaltante
dove il suo corpo sedotto
si lasciò abbracciare
e guidare e trasportare
nei voli
delle parole
e delle figure. 

 

Lei

era entrata senza effrazione
in una notte
vibrante di verità
s
otto le sue maschere esclusive
una notte
di carnevale romano
c
he la rigetta
nel mattino nascente
ebbra di stanchezza e di risa
ancora titubante dei voli
dell’ultimo saltarello
nelle vie inebetite
di Largo Argentina
biancore smorto
di un’aurora svuotata
della sua sostanza livida.

Poco lontano
tra le colonne spezzate
e i gatti addormentati
planava sul Foro
l’ombra ancora calda
del sangue rappreso
di Cesare
assassinato. 

 

 traduzione di Rita R. Florit

 

 ***

 

Angèle Paoli  è nata a Bastia, ha insegnato letteratura francese e italiano in Piccardia.
Oggi vive nell’ Alta Corsica. Dal 2004 anima la rivista  letteraria on line “Terres des femmes” dove redige una rubrica di critica letteraria.
Nel 2013 ha vinto il  « Premio Aristote » per la critica poetica.

Ha pubblicato:
À l’aplomb du mur blanc (livre d’artiste, éd. Les Aresquiers, 2008),

Lalla ou le chant des sables, récit-poème (éd. Terres de femmes, 2008. Préface de Cécile Oumhani),
Corps y es-tu ? (livre d’artiste, éd. Les Aresquiers, 2009),
Le Lion des Abruzzes (récit-poème, éd. Cousu Main, 2009),
Carnets de marche (éd. du Petit Pois, 2010),
Camaïeux (livre d’artiste, éd. Les Aresquiers, 2010),
Solitude des seuils (livre d’artiste, gravure de Marc Pessin sur un dessin de Patrick Navaï, éd. Le Verbe et L’Empreinte, 2011),
La Figue (livre d’artiste, Dom et Jean Paul Ruiz, 2012. Préface de Denise Le Dantec),
 Solitude des seuils (éd. Colonna, 2012. Liminaire de Jean-Louis Giovannoni).
De l’autre côté, aux éditions du Petit Pois.

Opere in collaborazione

Philippe Jambert (photos) et Angèle Paoli (textes), Aux portes de l’île, éd. Galéa, 2011 ;
Angèle Paoli et Paul-François Paoli, Les Romans de la Corse, éd. du Rocher, 2012 ;
Pas d’ici, pas d’ailleurs (anthologie francophone de voix féminines contemporaines) (poèmes réunis par Sabine Huynh, Andrée Lacelle, Angèle Paoli et Aurélie Tourniaire – en partenariat avec Terres de femmes), éd. Voix d’encre, 2012.
In corso di pubblicazione: Philippe Jambert (photos) et Angèle Paoli (textes), Fontaines de Corse, éd. Galéa.

Angèle Paoli è presente in anthologie e opere colletive nelle riviste Pas Pas, Faire-Part, Poezibao, Europe, Siècle 21, La Revue des Archers, NU(e), Semicerchio, Thauma, Les Carnets d’Eucharis, DiptYque n°1 et n° 2, Le Quai des Lettres, Décharge, Mouvances, PLS (Place de la Sorbonne), Diérèse.

Carnets de marche

Angèle Paoli da Carnets de Marche
Les Édition du Petit pois, 2010

traduzione  rita r. florit


Pommes de pins rousses éclatées gisant sur les aiguilles le vent
vorace dans les arbres berce ma fureur de l’horizon diffus
monte une odeur ambrée de mousse de résine le torrent vert-
de-gris frissonne soudain proche sous le bois écale pour un peu son
cristal sous la roche

le vent le vent carnivore me flagelle me lave de mes forces noires
me délivre j’aspire respire aspire la hantise du pire me forge une
violence son rire faussement rire mordre tuer mordre cette ardeur-
là aussi la taire pourquoi amour emphase vécu dans la destruction
inédite de soi de l’autre de soi ne rien demander à ne pas cesser de
imaginer sans en finir avec

les chênes-lièges se desquament peau arrachée jusqu’à l’à-vif je
rampe rampe m’égratigne et rampe m’insurge heures vides quel est
ce rien que je lui envie en veux protégé du vent le petit bois de pins
frais bruyère fine et eaux jacassantes mille voix entre les pertuis-
feuillages

abri de folie pourquoi vouloir renoncer à Eros est mort de ses
blessures corps y es-tu corps y es-tu le vent secoue les grand arbres
vaisseaux voilures tressaillent ciel d’eau sous les nuages une vache
surgit ascétique Io venue on ne sait d’où offerte au délaissée par
le vieux gypaète défroqué des fourrés la marine écrin gris-pluie
frissonne sous vents de terre « détruire dit-elle » distruggere.

***


Pigne rosse esplose giacenti su aghi di pino il vento
vorace tra gli alberi culla il mio furore dall’orizzonte diffuso sale un odore ambrato di schiuma di resina il torrente grigio-verde tremola d’un tratto vicino sotto il bosco sguscia fugacemente il suo cristallo dalla roccia il vento il vento carnivoro mi flagella mi purifica dalle forze oscure mi libera inspiro respiro inspiro l’assillo del peggio forgia in me una violenza il suo ridere falso ridere mordere uccidere mordere quell’ardore anche tacerlo perché amore enfasi vissuto nella distruzione inedita di sé dell’altro di sé non chieder nulla   smettere d’immaginare senza finirne con

le sughere si squamano pelle strappata fino al vivo striscio striscio mi graffio e striscio e insorgo ore vuote qual è questo niente che le invidio a profusione protetto dal vento il boschetto di pini fresco erica filiforme e chiaccherio delle acque mille voci tra fori-frasche

riparo dalla follia perché voler rinunciare a Eros è morto per le sue ferite corpo ci sei  corpo ci sei  il vento scuote i grandi alberi vascelli velature ondeggiano cielo d’acqua sotto le nuvole una mucca compare ascetica Io venuta non si sa da dove offerta abbandonata a un vecchio gipeto spretato dei dirupi  la costa scrigno grigio-pioggia rabbrividisce sotto venti di terra <<détruire dit-elle>> distruggere.

Angèle Paoli su *Passo nel fuoco*

.

Ringrazio  Angèle Paoli  che ha recensito Passo nel Fuoco
su TERRES des FEMMES


qui  la traduzione italiana di Alfredo Riponi


LEGAMI STRETTA AL NUDO TUO VOLERE

Una poesia esigente quella di Rita R. Florit. Un poesia minuziosamente cesellata nella linea del poeta-orafo Pierre-Jean Jouve di cui è lettrice appassionata. Passo nel fuoco, nuova raccolta della poeta italiana, offre poesie cesellate all’oro fino, nella continuità di spirito e di immagini di Varchi del rosso. Poesia carnale dove l’incarnato della sensualità proietta il suo splendore su ogni poesia dove si dice il desiderio, la poesia di Regina R. Florit è ossessione del fuoco. Il fuoco della carne.

« Ho fuoco in abbondanza e mi devasta
e offrirtelo decuplica la pena ».

« J’ai feu en abondance, il me dévaste
et te l’offrir décuple ma peine ».

Fuoco della passione e fuoco del tormento attraversano la raccolta da una pagina all’altra, innervano i versi e alimentano l’arte poetica di questo piccolo opus, prezioso come un “coffret de santal” riempito di fragranze rare.

Attraverso quali sentieri oscuri e luminosi al tempo stesso ha luogo la traversata poetica da Rita R. Florit? Incantesimo per l’amato, Passo nel fuoco è un invito incandescente a cercare al centro della piaga la chiave di una passione divorante, sempre all’erta. Questo cammino esacerbato è anche quello di cui il poeta legge e dice le involuzioni e al contempo timori e paure. La carne preziosa si spiega e s’avvolge, le circonvoluzioni del piacere aprono la via a cieli infernali e la notte dipana il suo filo intorno agli amanti addormentati.

Controcorrente rispetto ai tentativi formali della poesia contemporanea, la sensibilità poetica di Rita R. Florit si iscrive, credo, nella filiazione petrarchizzante di Gaspara Stampa o di Louise Labé. In Rita R. Florit domina la musicalità della forma chiusa dell’alessandrino o dell’endecasillabo che ben s’adatta alle forme brevi, quartine, ottave, stanze o sestine. E se si può parlare di modernità, questa si legge altrove. Nella preoccupazione di scolpire la poesia nelle spirali abilmente intagliate dell’Eros. O nelle biforcazioni del vocabolario di cui Rita R. Florit nutre la sua estetica dell’amore.

Così, nella sinuosità di un verso, convivono forme antiche e lessico scientifico. La prossimità di questi estremi crea sorpresa e spaesamento letterario. E la quintessenza di questa poesia raffinata si legge nel crogiolo delle volute carnali che accendono il desiderio. Le delizie del piacere si nutrono anche del tormento che il desiderio fa nascere. Il fuoco è là, sorgente che fa ardere la carne, fiore e brace; ceneri e rogo che la voce dell’amato, fascio di fiamme vive, basta a ravvivare. Perché l’amante si abbevera alle loro ustioni. Il suo canto implora l’amato di fare di lei l’alleata del suo desiderio:

« Legami stretta al nudo tuo volere
perfetto raggio di fulminea cura. »

« Lie-moi serrée à ta volonté nue
rayon parfait de foudroyant souci. »

Con questa raccolta, Rita R. Florit ha vinto il Premio letterario “Mazzacurati Russo” 2009/10.

Angèle Paoli


sestina

Vagues en dérive

Douloureuse elle fuit dans une nuit sans rêve
un nœud étroit musèle ses entrailles muettes
sa gorge tient serrés les sanglots en dérive
il aura donc suffi d’un printemps ténébreux
pour que se taise enfin le glas du désamour
dans ses entrailles sourdes à la pleine lumière

il en aura fallu des journées sans lumière
pour que son chant de pleurs se résigne à la trêve
pour que cesse soudain le glas du désamour
elle git alanguie dans ses rages muettes
enfermée dans le deuil d’un printemps orageux
qui la garde attachée sanglotante à la rive

elle se tient à l’orée de sa conque en dérive
attentive aux rigueurs de la pleine lumière
que finisse à jamais ce séjour caverneux
qui la vit s’abîmer dans un sommeil sans rêve
se perdre et se noyer en des rages muettes
en proie aux affres noirs du sanglant désamour

prisonnière alanguie en proie au désamour
elle se livre en aveugle à sa rage en dérive
et brame à la volée sa souffrance muette
pour que surgisse enfin dans la pleine lumière
la trame interrompue du tissé de ses rêves
et que s’exilent au loin les printemps orageux

que finisse aussitôt ce séjour ténébreux
que s’éloignent avec lui les rires de l’amour
que se tisse à nouveau un sommeil plein de rêves
et qu’ensemble tous deux coulant de rive en rive
ils puissent retrouver leurs jeux vers la lumière
évoluer sans fin loin des larmes muettes

s’envoler à jamais loin des rages muettes
et quitter pour toujours ce séjour caverneux
afin de renouer leurs jeux dans la lumière
et finir de languir dans un pieux désamour
libéré du désir de la rage en dérive
se couler à nouveau dans les vagues du rêve

loin des larmes muettes et regards orageux
s’adonner aux lumières, aux jeux d’eaux et d’amour
dans les rêves nouveaux de vagues en dérive

Angèle Paoli

***

Onde in deriva

Dolente fugge in notte senza sogno
costringe un nodo le viscere mute
la gola serra i singhiozzi in deriva
basterà primavera tenebrosa
a zittire il memento disamore
in viscere sorde alla piena luce

saranno occorsi giorni senza luce
perché il lamento accetti il suo bisogno
duro e taccia il memento disamore
indolente giace in collere mute
in lutto in primavera tempestosa
che l’incatena in singhiozzi alla riva

all’orlo della sua conca in deriva
tesa ai rigori della piena luce
finisca l’abitare cavernoso
che l’affondò in un sonno senza sogno
perdersi e annegare in rabbie mute
in cupo affanno di crudo disamore

langue in prigione in preda al disamore
si dà cieca alla sua rabbia in deriva
e brama al volo sofferenza muta
che sorga infine nella piena luce
la trama interrotta tessuto dei sogni
esiliate stagioni tempestose

finisca l’abitare tenebroso
sian lontane le risa dell’amore
si tessa di nuovo un sonno di sogni
e che insieme andando di riva in riva
ritrovino i giochi verso la luce
mutarsi avulso da lacrime mute

volar lontano dalle rabbie mute
lasciar per sempre il nido cavernoso
per riannodare i giochi nella luce
e finir di languire in disamore
liberato dalla rabbia in deriva
glissare ancora sulle onde del sogno

cacciati lacrime e sguardi in tempesta
darsi alla luce all’acque vive e all’amore
in sogni nuovi di onde alla deriva

traduzione rita r. florit