1977, febbraio
Ciò che, malgrado tutto, conta: gli sguardi vacillanti
Peter Handke, Il peso del mondo, Guanda,1981
LANGUAGE-bagage lent, langes de l'esprit. M. Leiris
1977, febbraio
Ciò che, malgrado tutto, conta: gli sguardi vacillanti
Peter Handke, Il peso del mondo, Guanda,1981
In Aestas
èktasis in aestas
estesa aetas
sfalci s/fanno fasti
solos ensoleillés
(s)perdono voci
loci geniali veniali
venia chiedo/no
festini fuggo/no
per boschi freschi
d’ombr(e) fiori ori
in/solubili volubili luci
specchi(o o)cchio
allagato lago tazza brezza
sulla calura trafittura afa
bav(e) vento e campi
lampi tuoni suoni scrosci
poi quiete ex/tesa
estesa aetas
in aestas èktasis
https://anfratture.wordpress.com/2015/08/21/passionnement-gherasim-luca/
“Passionnément” è il primo esempio del “balbettio” e della “cabala fonetica” di Ghérasim Luca. Il poema apparve per la prima volta nella plaquette “Amphitrite” (Infra-Noir, Bucarest 1947), di cui costituiva la seconda parte. Ripreso poi in “Le Chant de la carpe”. “Psittacismo, ripetizione meccanica delle parole, onomatopee, sono solo simulazioni di cui la dizione poetica si serve per creare una lingua avvolgente e che si avvolge su se stessa, dove il ritmo è il solo vettore di senso”
D. Carlat, Ghérasim Luca l’intempestif
Ogni parola si divide, ma in sé (pas-rats, passions-rations), e si combina, ma con se stessa (pas-passe-passion). È come se la lingua intera si mettesse a rollare, a destra e a sinistra, e a beccheggiare, indietro avanti: i due balbettii. Se la parola di Gherasim Luca è così eminentemente poetica, è perché egli fa del balbettio un affetto della lingua, non un’affermazione della parola. È tutta la lingua che fila e varia per liberare un estremo blocco sonoro, un soffio solo al limite del grido Je t’aime passionnément (Ti amo appassionatamente).
G. Deleuze, Balbettò, in Critica e clinica
:
.
mi sta incollata all’orlo del palato
come una placca la dolce sostanza del corpo..
da Il medico, in Morgue, G. Benn
;
Benoît Gréan e Rita R. Florit
leggono
LE RÊVE EN ACTION
di Ghérasim Luca
*
Varchi del rosso
2006 videopoesia
L’opera video che Rita Florit, scrittrice e autrice di video, ha realizzato insieme ad Enrico Frattaroli, autore di opere teatrali, acustiche e visive, rappresenta lo scorrere del sangue attraverso i vasi sanguigni sovrapponendolo al fluire stesso del mondo, della natura e dei pensieri umani. Si tratta di un lavoro semplice quanto incredibilmente solenne, che rimanda all’eco delle più antiche culture, in particolare alla giapponese, grazie agli ideogrammi che compaiono rosso su rosso nella creazione della suggestione di uno scorrimento fluido simile a quello di un panneggio di sostanza organica. Il rapporto costante tra micro e macro permette allo spettatore di entrare e uscire, di sentirsi parte in causa e di vedersi, allo stesso tempo, come dal di fuori. Ma se l’immagine rimanda decisamente alla cultura orientale, il testo e la voce recitante assumono la valenza costante di un’eco proveniente dal passato, dal rimosso, un dimensione di costante evocazione. La vita e la morte si inseguono, la bellezza della natura diventa subito dolore, la condizione dell’esistere è totalmente sospesa ad un filo che minaccia, ad ogni istante, di interrompersi. Se il sangue dà vita, quindi, può anche toglierla, ed ecco che lo vediamo invadere di citazioni e rimandi il mondo vegetale, gli uccelli, lo vediamo travalicare “il muro occidentale”, generare “sinaptiche scintille”, accompagnare “antichi cori funebri” attraverso il suo suono sordo, cupo, costante. Solo alla fine, con l’attenuarsi della voce, sembra avere una piccola impennata tonale, anch’essa, comunque, destinata a svanire. A questo punto lo schermo diventa buio, il sangue sembra uscire dalla scena, non ha più voce, non ha più immagine … ma non è semplice definire ciò che accade nell’attimo successivo, è come se ognuno sentisse scorrere il proprio sangue dentro le proprie vene per la prima volta e questo lo legasse alla vita animale e vegetale in senso nudo e diretto. E’ come se tutto diventasse precario ed effimero per noi esseri umani, così come può esserlo per una rosa o per un passero. Non più onnipotenza, ma frammenti di realtà e di verità.
Francesca Pietracci
Cum dederit dilectis suis somnum;
Ecce haereditas Domini, filii,
Merces,fructus ventris
:
:
.
.
.
.
.
Komm, o Tod, du Schlafes Bruder,
Komm und führe mich nur fort.
Löse meines Schiffleins Ruder,
Bringe mich an sichern Port.
Es mag, wer da will, dich scheuen,
Du kannst mich vielmehr erfreuen.
Denn durch dich komm ich herein
Zu dem schönsten Jesulein.
–
uno stato delle cose. come la terra. un prendere atto. una guerra.
Atto I
Scene: Il giardino, La serra, La fossa del cane
.
Il giardino
.
petali di carne del cuore
un esercito in giardino
nell’incanto del sonno ibernato
un piede di terra smuove un sasso
una benda grassa tiene un taglio
l’erba ammucchia letti
per le gambe recise
vuote di cammino
di casa
.
mine metallo placche tonde
inganna sorte fanno fronte
casse di assi crollate
farfalle di luci
benzina solo per carri.
i fiori si fanno dormire
giorni su giorni
restino ciechi
in messa a dimora
la cripta difesa dei bulbi
.
l’ascia di guerra scava
è pietra fluitata di fiume
se ne fanno calchi
tanto per esser sicuri
se ne fanno copie
e di varia materia.
poi disabitati corpi
disfatti e risorti in paesaggi atroci
da radici ancora vive
irrompono appuntiti:
disintegrate razze
.
è troppo caro il sangue:
rimbocca le pelli
termina gli occhi
per sempre alle insegne
(non parla e non piange
e non muove il calanco
rimette peccati
frana la costa
corrode il fianco)
.
.
La serra
.
L’assiolo scansiona la notte
(viene a morte il tempo)
circoscrive col suono
(emissione di un unico tono che in regola pulsa
e fa la materia)
la dimensione del suo orientamento
è lui che fa il tempo
indica stati: natura presente
a ridosso di casa
mai desistita
in spalanco di porte
.
la casa cresce figli minori
perché muti
pieni di foglie di spine
e polline ovunque
sempre accuditi
esigenti la luce
con l’acqua che viene dal pozzo
interno cuore (un rinnovabile pasto)
quando è assediato si asciuga
intermittente pulsa
dentro il torace di un cane
.
.
La fossa del cane
.
il cane si scava la fossa
(la tomba di un vivo d’inverno)
batte più lento il respiro sui denti
nasconde il fiato
confabula coi vermi
perennemente in scasso
(silenzioso teorema)
(perfetto nell’ecosistema)
.
e in alto le ossa sui rami
forche sgravate di carne e giudizi
vuote le corde
mute le ossa
archi di calcio a riposo
a sbiancare
a vegliare la fossa del cane
la steppa di pelo che sverna i suoi arti
organi interni mucose paure
.
vizio incalcolato la paura
se non si è cane
se davanti ai gialli
di tristi ambulatori
sono abbandonati stati
intestini coscienze.
il cane sta in buca
fuori decàde il cielo
humus sopra fa crepe
e farmaco in gocce sui covi
.
è un pianto a due dimensioni
è fame
si allunga la bocca e le mani
spiluccano il cane e a strappi
anche i bulbi più sotto
sotto la buca in sintesi estrema
si dice attentato si mangiano i vivi
[…]
Mariangela Guatteri
.
MARIANGELA GUATTERI è performer e artista multimediale, ha pubblicato le raccolte poetiche Carbon Copy [Cc] (Il Foglio, 2005) ed EN (d’if, 2009) ed è presente in diverse antologie edite da LietoColle, Giulio Perrone, d’if. Da diversi anni realizza video-poesie e progetti performativi per suono e parola poetica collaborando con musicisti e VJ. Il poemetto Quinta di cave e risorti, è stato finalista del Premio Sandro Penna (ediz. 2009), e la rivista telematica La GRU ne ha pubblicato alcuni versi nell’antologia Calpestare l’oblio.
Federico Federici poesie da *l’opera racchiusa* lette dall’Autore
Nuova poesia americana: esce il volume dedicato a New York qui
On appelle mains négatives les peintures de mains trouvées dans les grottes magdaléniennes de l´Europe Sud-Atlantique. Le contour de ces mains – posées grandes ouvertes sur la pierre – était enduit de couleur. Le plus souvent de bleu, de noir. Parfois de rouge. Aucune explication n´a été trouvée à cette pratique.
Devant l´océan
sous la falaise
sur la paroi de granit
ces mains
ouvertes
Bleues
Et noires
Du bleu de l´eau
Du noir de la nuit
L´homme est venu seul dans la grotte
face à l´océan
Toutes les mains ont la même taille
il était seul
L´homme seul dans la grotte a regardé
dans le bruit
dans le bruit de la mer
l´immensité des choses
Et il a crié
Toi qui es nommée toi qui es douée d´identité je
t´aime
Ces mains
du bleu de l´eau
du noir du ciel
Plates
Posées écartelées sur le granit gris
Pour que quelqu´un les ait vues
Je suis celui qui appelle
Je suis celui qui appelait qui criait il y a trente
mille ans
Je t´aime
Je crie que je veux t´aimer, je t´aime
J´aimerai quiconque entendra que je crie
Sur la terre vide resteront ces mains sur la paroi de
granit face au fracas de l´océan
Insoutenable
Personne n´entendra plus
Ne verra
Trente mille ans
Ces mains-là, noires
La réfraction de la lumière sur la mer fait frémir
la paroi de la pierre
Je suis quelqu´un je suis celui qui appelait qui
criait dans cette lumière blanche
Le désir
le mot n´est pas encore inventé
Il a regardé l´immensité des choses dans le fracas
des vagues, l´immensité de sa force
et puis il a crié
Au-dessus de lui les forêts d´Europe,
sans fin
Il se tient au centre de la pierre
des couloirs
des voies de pierre
de toutes parts
Toi qui es nommée toi qui es douée d´identité je
t´aime d´un amour indéfini
Il fallait descendre la falaise
vaincre la peur
Le vent souffle du continent il repousse
l´océan
Les vagues luttent contre le vent
Elles avancent
ralenties par sa force
et patiemment parviennent
à la paroi
Tout s´écrase
Je t´aime plus loin que toi
J´aimerais quiconque entendra que je crie que je
t´aime
Trente mille ans
J´appelle
J´appelle celui qui me répondra
Je veux t´aimer je t´aime
Depuis trente mille ans je crie devant la mer le
Spectre blanc
Je suis celui qui criait qu´il t´aimait, toi
Marguerite Duras
LE MANI NEGATIVE
Chiamiamo mani negative le pitture di mani trovate nelle grotte magdaleniane dell’Europa Sud-Atlantica. L’impronta di queste mani – completamente aperte sulla pietra – era impregnata di colore. Di blu e di nero più di frequente. A volte di rosso. Nessuna spiegazione è stata trovata per questa pratica
Davanti all’oceano
sotto la scogliera
sulla parete di granito
queste mani
aperte
Blu
E nere
Del blu dell’acqua
Del nero della notte
L’uomo è venuto solo nella grotta
Davanti all’oceano
Tutte le mani hanno la stessa grandezza
era solo
L’uomo solo nella grotta ha guardato
nel rumore
nel rumore del mare
l’immensità delle cose
E ha gridato
Tu che hai un nome tu che hai un’identità
io ti amo
Queste mani
del blu dell’acqua
del nero del cielo
Impresse
Aperte squartate sul granito grigio
Affinché qualcuno le veda
Sono quello che chiama
Sono quello che chiamava che gridava trenta
mila anni fa
Ti amo
Grido che voglio amarti, ti amo
Amerei chiunque senta che grido
Sulla terra vuota resteranno queste mani sulla parete di
granito di fronte al fragore dell’oceano
Insostenibile
Nessuno sentirà più
Ne vedrà
Trenta mila anni
Quelle mani, nere
La luce rifranta sul mare fa vibrare
la parete di pietra
Sono qualcuno sono quello che chiamava che
gridava in questa luce bianca
Il desiderio
la parola non è ancora stata inventata
Lui ha guardato l’immensità delle cose nel fragore
delle onde, l’immensità della sua forza
poi ha gridato
Su di lui le foreste d’Europa,
sconfinate
Lui si tiene al centro della pietra
dei canaloni
delle vie di pietra
ovunque
Tu che hai un nome tu che hai un’identità
ti amo di un amore indefinito
Occorreva discendere la scogliera
vincere la paura
Il vento soffia dal continente respinge
l’oceano
Le onde lottano contro il vento
Avanzano
rallentate dalla sua forza
e pazientemente toccano
la parete
Tutto si schianta
Ti amo oltre te
Amerei chiunque mi senta gridare che ti
amo
Trentamila anni
Chiamo
Chiamo quella che mi risponderà
Voglio amarti ti amo
Da trentamila anni grido davanti al mare lo
Spettro bianco
Sono colui che gridava di amarti, di amare te
traduzione di rita r. florit e alfredo riponi
LES MAINS NEGATIVES 1979, film, Films du Losange
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