Louis Zukofsky da 80 Flowers

Artemisia
Art to me’s hear stellary
honor never translated my sum
pauper in aerie white dusty-miller
feltsmooth lad’s love disc-buttons dull gold
neume nod grace discord concord
a breath beach-wormwood suthern wude
brush cottony sightwort booklice blur
old eyes-iris evergreen retainers sun

Artemisia
Arte mi sia sentire stellare
onore mai chiarito mia somma
povera in nido-d’aquila bianca cineraria
percepitoliscio abrotano dischi-bottoni oro sbiadito
neuma cenno grazia disarmonia armonia
un respiro assenzio d’arenile boscodelsud
spazzola cotonosa celidonia mordilibri offuscata
vecchi occhi-iridi sempreverde anticipa sole

traduzione Rita R. Florit

Noi siamo l’opposizione che non si sente


“Qui troverete gli interventi di poeti, scrittori e artisti con una posizione fortemente critica sulla realtà distopica messa in atto dagli esecutivi occidentali col pretesto dell’emergenza epidemica, per innestare sulla crisi di sistema che l’ha provocata un sogno di ‘trasformazione e progresso’: quest’ultimo ha tutto l’aspetto di un’assimilazione culturale forzata al capitalismo della sorveglianza e all’apparato tecnico-scientifico al suo servizio.”

OUÏ DIRE


Les jours ne sont pas comptés
Sachons former un convoi de déportés qui chantent
Arbres à flanc de prières
Ophelie au flottage du temps
Assonances guidant un sens vers le lit du poème

Comment appellerons-nous ce qui donne le ton?
La poésie comme l’amour risque tout sur des signes


I giorni non sono contati
Dobbiamo saper formare un convoglio di deportati che cantano
Alberi ai fianchi di preghiere
Ofelia alla fluitazione del tempo
Assonanze che guidano un senso verso il letto del poema
Come chiameremo ciò che dà il tono?
La poesia come l’amore rischia tutto su dei segni

Michel Déguy, in Épigrammes/Epigrammi, OUÏ DIRE,
La Camera verde Edizioni, 2014


trad. A. De Francesco

Vito M. Bonito– nota su “Nyctalopia” di Rita Florit

grazie a Vito M. Bonito e alla rivista letteraria VERSODOVE per l’attenzione a NYCTALOPIA

Versodove

Con puntuale ritardo e incredibile coerenza.

Recensioni, note, appunti.
Brevi più o meno, in affanno, come sempre per «Versodove» in cui tutto si costruisce col rigore millimetrico di essere qui con “incredibile coerenza”, ma sempre “in ritardo”, dislocati innanzitutto rispetto a se stessi.
Ci proviamo a leggere, non solo in privato, ma rendendo conto in chiaro di quanto sopraggiunge nelle nostre mani di libri d’ogni fatta a cui vorremmo dare uno spazio seppur esile di risonanza. Un terzo tempo di incontro, di dialogo che resti segnato, detto trascritto. E nello stesso tempo un saluto, un congedo, un augurio.

La redazione


Come vede o cosa un nictalope nella notte oscura dell’anima o nelle chiare tenebre della parola?

Rita Florit esplora questa duplice condizione della Nyctalopia riportandoci alla dimensione di una lingua che si inoltra in una veglia insonne, o meglio tenta una veggenza e ne pronunzia i lembi più segreti ed…

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Marco Giovenale – da Maniera nera

Crypta Balbi

balbettamento (encrypt)
encausto su esausto
(Sam docet |seduce)
orologio che si scarica su spiaggia
e viene riportato
indietro (narvalo, trofeo)
dalla polvere alla collezione
(coazione) a quanto era, come era
il tempo (per noi)
di atrio
alieno, fermi nel pronao, poco sidro
nella destra a guardia, a guardare
guardare come bene come
brucia bene Roma

Marco Giovenale, da Roma, in ‘Maniera nera’, Nino Aragno Editore, 2015

Vito M. Bonito – da Fabula rasa

firmamento o niente

vi sono esseri
su questa terra
che semplicemente
non vogliono morire

o semplicemente
non vi riescono

*

ci sono porte chiuse

ci sono voci
dietro le voci
tra le porte
nei muri

[…]

vediamo il fuoco
nell’acqua

vediamo nascere
morire
morire

vediamo le stelle
finire

*la gabbia si apre
le bambine ci parlano
in ginocchio
nel fuoco

lasciano andare i sangui
le unghie
le piume la pelle

-iddio ci sostiene
anima e ardore

ci conforta l’odore

la luce è perfetta
inizi il dolore-

Vito M.Bonito , Fabula rasa, Oèdipus, collana Croma K, 2018

Guido Mazzoni – da La pura superficie

II
1. Stevens

La palma alla fine  della mente,
oltre l’ultimo pensiero, in un décor di bronzo.
Un uccello dalla piume d’oro
canta nella palma, senza senso
o sentimento umano, un canto alieno.

Allora lo sai che non è la ragione
a farci felici o infelici.
L’uccello canta, le piume splendono, la palma svetta
al bordo dello spazio, lentamente
il vento si muove tra i rami. Piene di fuoco pendono le piume.

Guido Mazzoni, La pura superficie, Donzelli Poesia, 2017

Cardini – Ver

 

Vēr

 

Vēr primo vere invera
veritas, in vino no! In campo
in bosco in prato ego virido
mi irido rido
genera la terra i fiori
pori tutti fuori di sé
dal seno aperto sciamano
abhelas, reptilia, nòus anima-lia
en saut  in balzi in neve
di lanugine ver-tigine
tiepidi serici nidi
gemmano cori e mugolii
nugoli et nugae
arbor arbita arbitra Carnea
viridat e reti and thirsts
my nightly shadow feasts 

blu crudo incombe
arioso maggio d’erba voglio loglio
manger son blé en herbe 

 

Rita R. Florit, Cardini, La Camera verde, Roma 2018

Amelia Rosselli da Documento

 

Cerchi una giustizia: non l’avrai mai
ma il tuo cuore che in così largo dono
donò suoi figli (le viti arrampicanti)
osa, non osa, vuole, non vuole, è destinato
ad essere proprio come tutti gli altri?

Cerchi una risposta con impazienza e
scrivi versi così facendo di un caso
quasi pietoso (lo chiamarono illustre
poi) una più vasta larga conoscenza

di ogni tuo movente

Amelia Rosselli da Documento 1966-1973
in Le poesie pref. G. Giudici, Garzanti -gli elefanti, 2004

M. Guatteri – TECHNIQUES DE LIBÉRATION

Une fois qu’on a fermement posé (un) pied
contre le périnée et qu’on a fixé l’autre
au-dessus du pénis, appuyer vigoureusement
le menton à la poitrine et rester immobil
en tenant ses sens sous contrôle et ses yeux
fermés, en regardant entre ses sourcils.
On appelle ça Siddhasana qui ouvre
certainement les portes de la libération.
Or les sciences du langage sont premières parmi
les moyens de libération.

 

1

LA MODALITÉ VÉGÉTALE

Ils introduisent des objets; associations.
Ils se laissent envahir par des moments extérieurs, modifier leur forme.

Passifs: pensés par les objets. Mots; mémoire ; émotion.
Sensations spécifiques de ce qui bouge, de ce qui est agité. Arythmique.

Cinq classes productrices d’états.

Un cercle non interrompu (ils se suicident. Dès que réalisés).

Ça libère un fragment de matière : il se détache du flux.

Ça contribue à l’abolition d’au moins un fragment.
Il est tendu dans une seule position.

Les modalités du renoncement: l’abolition des modalités humaines.

Une autre modalité d’existence (la position, le premier pas).

La censure polit des automatismes; la concentration sur la chose,
un point: immobile et continue.

Mariangela Guatteri, La modalité végétale, da Techniques de libération, Benway Series, Tielleci Editrice, 2017 traduzione Michele Zaffarano

S. Quinzio – da Diario profetico

 

123.
Che bisogna lasciare tutto è vero. Ma è vero anche che non abbiamo neppure il coraggio di dirlo a noi stessi.

177.
Ricadendo nella vita quotidiana, nella quale siamo quasi sempre, diventa falso e assurdo  tutto ciò che è chiaro e vero. C’è una doppia verità, in pratica, e la verità vera c’è solo per pochi istanti.
Emergiamo dal nulla di quando in quando con una punta estrema di speranza. Ma questa possibilità c’è, e crea il tragico.

186.
Si sente frequentemente affermare la validità immutabile delle “verità scientifiche” contro l’incertezza e la contraddittorietà delle “verità filosofiche” o “religiose”.  È anzi questo, dal positivismo in poi, il cavallo di battaglia di coloro che non vogliono nulla al di là di quello che già hanno. In realtà le cose non stanno affatto così, e non c’è da questo punto di vista una vera differenza tra la storia della filosofia e la storia della scienza. In tutta la storia dell’umanità non esiste una sola affermazione che non sia stata prima o poi contraddetta, che non sia stata accolta e poi rifiutata. Nessuna, né per la religione né per la filosofia né per la scienza né per l’arte né per la politica né per la morale. Del resto, basterebbe riflettere sul fatto che neppure il “principio di identità” è sfuggito a questa sorte. È crollata la geometria euclidea, come è crollata l’astronomia di Tolomeo, come è crollata la fisica di Galileo, come è crollata la medicina di Ippocrate. I medici, oggi, ridono dei medici di anche solo cinquant’anni fa, come i medici di cinquant’anni fa ridevano dei loro predecessori, e come fra cinquant’anni si riderà dei medici d’oggi. Chi è schiavo del “secolo” è sempre convinto che la verità sia  hic et nunc. Si dirà che le dottrine scientifiche non crollano, ma che vengono superate e quindi incluse in una nuova dottrina, più ampia e più complessa. È un modo di dire. Che del resto può andare benissimo anche per la storia della filosofia e per la storia delle religioni. Anzi, di là è stato tratto e applicato alla storia della scienza ( che è l’idolo di turno, almeno fino a ieri), e quindi ne vede lo sviluppo , o cerca di vederlo. Hegel, che aveva fiducia nella “idea”, ne vedeva lo sviluppo. Poi la fiducia si restrinse alla sola scienza sperimentale, oggi, ormai, alla sola tecnica. Ma anche questo forse è passato: con l’arte, con il dinamismo a oltranza, l’uomo moderno di punta, si veda la Francia da Bergson in poi, si sforza di tornare primitivo.

 

S. Quinzio, Diario profetico, Adelphi, 1996

P.P.Pasolini – Terra lontana

a Marcello Pietro
(22.7.1917 – 8 .11. 1996)

CIERA LONTANA

MI volti viers la ciampana
muarta ch’a cianta cussì:
“Jo i vif ta la ciera lontana
da la vita ch’a no è pì>>

Amòur di na ciera lontana
par te il còur al mi dòul.

No vuej scoltà la ciampana
viva ch’a cianta cussì:
<<Jo i mòur ta la ciera lontana
da la muàrt ch’a no è pì>>
Amòur di na ciera lontana
par te il còur al mi dòul…

TERRA LONTANA
Mi volto verso la campana morta, che canta così: <<Io vivo nella terra lontana della vita che non è più>>.Amore di una terra lontana, per te il cuore mi duole. NOn volgio ascoltare la campana, viva, che canta così: <<Io muoio nella terra lontana della morte che non è più>>. Amore di una terra lontana, per te il cuore mi duole…

P.P.Pasolini , Il Gloria (1950-53) ,Appendici a La meglio gioventù,in P.P.Pasolini ,Tutte le poesie, I meridiani Mondadori, 2003

 

 

Ada Sirente – Collevero

Abitare i tralicci di ferro, dove il tempo somiglia alle mani che ponevano in fila tutti i pezzi di ferro fino all’ultima struttura, composta, è adesso che guardo il traliccio di ferro, l’imposta, che compone in finestra l’immagine tutta rimpicciolita.

Ora è grande quanto le dita, il traliccio, e quasi riesco a controllarne la fibra elettrificata – m’illudo, di farlo – nel tempo piccolo dello scatto di finestra chiusa sopra: circoscrivo.

L’energia è il confine furtivo che divide le cose, e le diventa.

Sono ferma davanti a qualcosa che sembra morire, ma torna: Impedenza.

Qualche cosa che rende la stanza un bipòlo, che resiste al passaggio sul suolo della luce alternata, se mi muovo,  col buio dell’ombra di corpo.

Proprio adesso spalanco: un rumore d’imposta invertito – tutto quello che vedo: un traliccio.

 

Ada Sirente, IV Colleverde ( i tralicci)  da Collevero, Di Felice edizioni, 2013

I. Bachmann – Muro del suono

 

 Klagenfurt 25 giugno 1926 – Roma 17 ottobre 1973

 

Schallmauer

 

Der  Lärmteppich, breit und laut,
hinter dir her schlieft,
was mehr lärmt
es, es zittern
Deine Häuser alle,
jeder Fußbreit
in deinem Kopf
alle deine Besitzungen
Gedanken, Gedenken
das überrast
mit ener Geschwindigkeit
die nie die deine war
dieser Wahn,  es ist nicht
mehr, nichts ist mehr, und
es ist nicht mehr weit
bis mit dem großen Knall
unter dem du dich duckst
über dir, oben , du
die Schallmauer durchschlängst,
nacch oben.
Du duckst dich, du bist schon
oben und trittst deine Reise an
mit funkelnden Fetzen und Felgen
mit ausgerissenen Nähten und
einer Wahnkraft, für deren
Durchschlag der Himmel immer zu weich
und die Erde zu hart ist.

Il tappeto del chiasso, largo e sonoro,
ti striscia dietro,
ciò che fa più chiasso, tutto
fa chiasso e lo fa sonoramente,
tremano tutte
Le tue case,
ogni palmo
nella testa
tutte le tue proprietà
pensieri, memorie
sfrecciano all’impazzata
con una velocità
che non è mai stata la tua
questa illusione, non è
più, nulla è più, e
non manca più molto
al grande schianto
sotto il quale ti chini
sopra di te, in alto,
sfondi il muro del suono,
verso l’alto.
Ti chini, sei già
in alto e cominci il tuo viaggio
con brandelli e volteggi sfavillanti
con cuciture strappate e
una forza illusoria per  il cui
sfondamento il cielo è sempre troppo tenero
e la terra troppo dura.

da  I. Bachmann, Non conosco mondo migliore, Guanda 2004
trad. Silvia Bortoli

da NYCTALOPIA

 

 

La Bestia in agguato l-angue la lingua salirà verso l’alto, piante radiali affiorano, serpe-vita vampe visioni
boschi vasti di te in me spazio dendrite, forma della memoria lucida, la sua spada è la dura “r” rame oro, chiaro senz’ombra sentiero tra le ramaglie, foglie degli occhi mani umide colline.

Rita R. Florit, Nyctalopia, La Camera verde, 2018

Benoît Gréan legge Bleu Jour

 

 

Lecture par l’auteur de Bleu jour, poème de Benoît Gréan sur des images de Caroline Coppey publié aux éditions Les Lieux Dits (Germain Roesz), sur l’invitation de Kim Rebholz et la Philharmonie des Couleurs, devant le Grand Voile, pièce centrale de l’exposition de Caroline Coppey à l’abbaye de Bohéries, le 23 septembre 2017 à l’occasion du finissage. Les trente-trois poèmes de Bleu jour sont organisés en trois séries de onze textes chacune, A noir, E blanc, O bleu : ceux de cette dernière, résolution des deux précédentes, illustrent plus spécifiquement et dans l’ordre chacune des onze images de l’artiste qui constituent l’ouverture et le fondement du livre. Trois mouvements donc : A noir (0:01) E blanc (2:49) O bleu (5:35

 

 

 

 

Nyctalopia

grazie a Francesco Marotta

la Dimora del Tempo sospeso

Rita Florit

Una poesia intitolata in modo diretto con un termine in cui convivono, senza contrasto, due significati che dovrebbero opporsi – vedere nell’oscurità e il suo contrario, questo significa nyctalopia – indica immediatamente una direzione di lettura verso l’esterna formazione di un mondo e, allo stesso tempo, un’idea di scrittura verso l’interiorità del dire poetico. Un fuori e un dentro che nascono e svolgono il loro cammino rivolgendo lo sguardo con reciprocità continua: lì dove il doppio motivo della luce e del buio ingloba e determina la voce e il mutismo, la vista e la cecità. L’autrice, consapevole che il fare poetico assume su di sé, e in sé produce, un dire che non è disvelamento o nascondimento, ma indicazione di uno sguardo mobile, mostra nei suoi testi un pensiero che è ai fondamenti di un reale visionario, che segna la figura profonda di ciò che sente come un…

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G.Benn – Bilancio delle prospettive

L’evo antico era l’albero subtropicale, l’evo moderno era il prato, la natura irrigata. Ancora duecento anni fa il senso della natura si manifestava nelle strofe alla luna, oggi la natura ha qualcosa di innaturale e vento e meteorologia hanno effetti esagerati. Il posto dell’uomo di oggi è in un appartamento ai piani alti, e il riscaldamento a nafta occupa i suoi pensieri più di qualsiasi senso della sfinge. Comincia una nuova storia, la storia del futuro sarà la storia della campagna mendelizzata e della natura sintetica.

Nichilismo, una realtà interiore, da Pietra verso flauto, Adelphi 1990

G.Benn – Erst wenn

Nicht die Olivenlandschaft,
nicht das Tyrrhenische Meer
sind die große Bekanntschaft:
die weißen Städte sind leer,
die Dinge lagern in stummen
Gewölben aus Substanz,
und keine Schatten vermummen
der regunglosen Glanz.

Leer steht die Weinzisterne,
in Strahlen fassungslos
bietet sie nichts an Ferne
und an Zerstörungsstoß
und hilft nichtauszubreiten,
was im Gehirne schlief:
sie bietet Südlichkeiten,
doch nicht das Südmotiv.

Ein Hof polarer Reste,
Eiszeiten, Schollenwand
selbst um die Villa d’Este
und ihren Ginsterbrand:
erst wenn die Schöpfungswunde,
sich still eröffnet hat,
steigt die Verströmungsstunde
von Saum der weißen Stadt.

*

Solo quando

Non il paesaggio d’ulivi,
non il tirrenico mare
sono l’evento grande dell’incontro:
le bianche città sono vuote,
le cose giacciono in mute
catacombe di sostanza,
e non v’è ombra che mascheri
lo stagnante splendore.

Vuota sta la cisterna del vino,
sfavilla e non sa contenere,
nulla offre che sia lontananza
che sia empito di distruzione
e ad espandersi non aiuta
ciò che dentro il cervello dormiva:
offre un’aria meridionale,
non già il motivo del sud.

Una corte di resti polari,
età glaciali, muraglia di lastre
persino tutto in giro a Villa d’Este
e al suo avvampar di ginestre:
solo quando la piaga del creare
si è nel silenzio dischiusa
scende l’ora del dilagare
dall’orlo della bianca città.

da  Morgue, Einaudi, 1971 trad.Ferruccio Masini

Nelly Sachs da ENIGMI ROVENTI

 

Die Fortlebenden haben die Zeit angefaßt
bis ihnen Goldstaub in den Händen blieb
Sie singen Sonne – Sonne –
Mitternach das schwarze Auge
ist mit dem Totenlaken zugedeckt –

*

I sopravvissuti hanno afferrato il tempo
fino a trovarsi in mano polvere d’oro
Cantano il sole  – il sole –
Mezzanotte occhio buio
dal sudario è coperta –

 

 

Nelly Sachs, Poesie, Einaudi, 2006
trad. Ida Porena

Simone Weil – La Lettera sociale

L’uomo in tanto è schiavo in quanto fra l’azione e l suo effetto, fra lo sforzo e l’opera, si situa l’intervento di volontà estranee.
È questo il caso, oggi,  e dello schiavo e del padrone. Mai l’uomo è di fronte alle condizioni della propria attività. La società fa da schermo fra la natura e l’uomo.

Essere in faccia alla natura e non agli uomini è l’unica disciplina. Dipendere da una volontà estranea significa essere schiavo: Ora, questa è la sorte di tutti gli uomini: Lo schiavo dipende dal padrone e il padrone dallo schiavo. Situazione che rende o supplicante o tiranno o tutt’e due le cose insieme ( omnia serviliter pro dominazione). Invece, di fronte alla natura inerte, l’unica risorsa è pensare […]

[…]Considerare sempre gli uomini al potere come cose pericolose.
Farsi da parte quanto più si può senza doversi disprezzare. E se un giorno ci si vede costretti, sotto pena di viltà, di andare a infrangersi contro la loro potenza, considerarsi come vinti dalla natura delle cose e non dagli uomini. Si può essere in cella e incatenati ma si può essere anche colpiti da cecità o paralisi. Nessuna differenza.
Solo modo di osservare la propria dignità nella sottomissione forzata: considerare il capo come una cosa. Ogni uomo è schiavo della necessità, ma lo schiavo cosciente è molto superiore.[…

da L’ombra e la grazia, Bompiani. Testi a fronte, 2007
trad. Franco Fortini

Piero della Francesca

fragmsite

 

La luce di San Francesco, d’arancio rosa.

Davide a Abigail: “Vedi, ho dato ascolto alla tua voce e ho accolto la tua presenza” (Sm1, 25, 35).

Descubre tu presencia, Y máteme tu vista y hermosura; Mira que la dolencia De amor, que no se cura Sino con la presencia y la figura. (Juan de la Cruz)

Il crocifisso di Cimabue a San Domenico

Bassorilievi sopra la porta di Santa Maria della Pieve: lo scorrere del tempo, i presocratici e il dio cristiano.

Tu, di fronte ai mesi, io di fronte al quadro di Sabatelli “Davide e Abigail”.

I mesi. Il trascorrere del tempo. Stiamo seduti sulla sponda di un fiume e guardiamo il passaggio dell’acqua. Dove non possiamo entrare.

Nell’acqua non entriamo, forse già siamo nel grande mare universale che ci trascina come legni nella corrente… e non lo sappiamo!

Come guardare il paesaggio e il cielo…

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Durs Grünbein – Aus dem Arktischen Kriegen

Und eines Tages taucht man aus. Der Dichtung auf
Wie aus dem Meer ein Eisberg, und im Logbuch
steht:
Am Morgen Kurs geändert Richtung Nord-Nord-Ost.D
Das Hertz dreht bei. Das Wasser färbt sich blauwalblau

Dann wird zum Imperfekt in fernen in Hirnregionen,
Was täglich Aufbruch war und Sensation,
Entdeckungsfahrt
Wie Packeis näher rückt die halbe Wahrheit – Prosa.
Und friert ihn ein, auf rauhen Lippen, den Gesang.

Dalle guerre artiche

E un bel giorno tu emergi dal tuo far poesia
come un iceberg dal mare e sul giornale di bordo
c’è: mattina, cambio di rotta, direzione nord-nord-est.
Il cuore si è adeguato. L’acqua si fa blu balena.

Nelle remote regioni del cervello diventa un imperfetto
ciò che era partenza e sensazione e viaggio
d’esplorazione.
Come il pack s’avvicina la mezza verità – la prosa.
E congela, sulle labbra secche, il canto.

Durs Grünbein, Strofe per dopodomani e altre poesie, Einaudi, 2011
Trad. A.M. Carpi

Miró – Leiris

 

18

Joan Miró ou feu follet?
Bûcheron ou sylvain ?
Racine fourchue ou mandragore ?
Forêt d’automne ou arlequin ?
Sang ou rubis ?
Dame ! C’est selon…

*

Joan Miró o fuoco fatuo ?
Boscaiolo o silvano ?
Radice forcuta o mandragora
Foresta d’autunno o arlecchino ?
Sangue o rubino?
Beh ! Dipende …

 

Michel Leiris , Marron sculptés pour Miró, 1961, in Mots sans mémoire, Gallimard 1969
traduzione Rita R. Florit

 

 

Catalogo della mostra al Museo de l’Athénée del luglio 1961 con litografia originale di Miró in copertina.  L’edizione originale di « Marrons sculptés pour Miró », testo omaggio scritto da Michel Leiris è la  prefazione al catalogo pubblicata in plaquette (100 esemplari) 

O.V. de L. Milosz – Sinfonia di novembre

[…]
Tutto sarà proprio come in questa vita! – Lo stesso giardino,
Profondo, profondo, fitto, oscuro. E verso mezzogiorno
Felici d’esser lì si riuniranno
Persone che non si sono mai conosciute e che non sanno

Le une  delle altre se non questo: che ci si dovrà vestire
A festa e avviarsi nella notte
Degli scomparsi, da soli, senza amore e senza lume.
Tutto sarà proprio come in questa vita. […]

O.V. de Lubitsch Milosz, da Sinfonia di novembre e altre poesie, Adelphi, 2008
trad. M. Rizzante

G. Deleuze – L’esausto

[…]
l’esausto resta seduto al suo tavolo, “testa china appoggiata alle mani”, mani sedute sul tavolo e testa seduta sulle mani, testa raso tavolo. Postura dell’esausto, che Nachte und Träume riprende sdoppiandola. I dannati di Beckett sono la più stupefacente galleria di posture, andature e posizioni, dopo Dante. Certo Macmann osservava che “si sentiva più a proprio agio seduto che in piedi e coricato piuttosto che seduto”. Ma questa è una formula più adatta alla stanchezza che alla sfinitezza. Sdraiarsi non è mai la fine, l’ultima parola, è la penultima, e si rischia di essere abbastanza riposati, se non per alzarsi, almeno per girarsi o strisciare. Per fermare lo strisciante, bisogna ficcarlo in un buco, piantarlo in un orcio dentro il quale, non riuscendo più a muovere le membra, smuoverà ancora qualche ricordo. Ma la sfinitezza non si lascia ancora sdraiare e, a notte fatta, resta seduta al suo tavolo,  la testa svuotata su mani prigioniere.
[…]

Gilles Deleuze, L’esausto, Nottetempo 2016

Beckett – Bach

[Per Marcello e Siegfried]

Smania visto questo –
questo –
qual’è la parola –
questo –
questo questo –
questo qui –
tutto questo questo qui –
smania dato tutto questo –
visto –
smania visto tutto questo questo qui di –
di –
qual’è la parola –
vedere –
intravedere-
credere d’intravedere –
smania di voler credere d’intravedere quale –


Qual’è la parola in  S. Beckett, Poesie, Einaudi, 1999
a cura di G. Frasca

 

 

G. Manganelli – Discorso dell’ombra e dello stemma

[…] Quando Leopardi entrava nell’ombra abbagliante delle Ricordanze, gli ridevano gli inchiostri, terribilmente. Il riso della letteratura è alto. È antico. Non è antropomorfico. È il ‘riso’[…]

[…]Ma il riso non ha, a sua volta, nulla a che fare con l’allegria. L’allegria è socievole, è amica, è pacifica. Il riso è solitario, incomunicabile, astratto, impossibile a trascriversi, trasversale, illeggibile; il riso cavernoso non è tetro; è furbo,ha trovato una caverna e ride moltiplicandosi del riso della caverna che, notate, notate, non sa leggere […]

[..] Possiamo aggirare il ‘luogo del riso’ della letteratura? La letteratura è inutile; La letteratura è indispensabile. Si può vivere senza letteratura, purché si sia già morti. La letteratura è innaturale, e non possiamo sopravvivere senza letteratura. Ma dunque noi, recitanti una parte di naturali, dobbiamo lacerare la natura che, incongrua veste, ci attanaglia; e, con grande sofferenza e lentezza, dobbiamo giungere – dove? Nel luogo dove noi cessiamo di essere autori; dove la dura abrasione del nome è stata portata a termine, del tutto consapevoli di quanto essa assomigli a una decapitazione; dove noi non scriviamo, ma la nostra pelle pergamenata si copre di minuscoli caratteri, incisi nella carne, a fuoco, con pena forte e dura, e quando ci leggiamo con riso duro e forte […]

Giorgio Manganelli, Discorso dell’ombra e dello stemma, Adelphi 2017

Beckett – Compagnia

Imminente sovrasta per un certo periodo ciò che segue. La necessità di compagnia non è costante. Momenti in cui la sua monotonia non è una variante. Intrusione di voce allo stesso modo. In modo analogo immagine dell’ascoltatore. In modo analogo la propria. Rimpianto poi di averle suscitate e problema di come dissolverle. Infine che senso allora la sua monotonia? Quale possibile variante. Lascia perdere. Per adesso.

S. Beckett, Compagnia e Worstward Ho, Jaca Book, 1986