G. Deleuze – L’esausto

[…]
l’esausto resta seduto al suo tavolo, “testa china appoggiata alle mani”, mani sedute sul tavolo e testa seduta sulle mani, testa raso tavolo. Postura dell’esausto, che Nachte und Träume riprende sdoppiandola. I dannati di Beckett sono la più stupefacente galleria di posture, andature e posizioni, dopo Dante. Certo Macmann osservava che “si sentiva più a proprio agio seduto che in piedi e coricato piuttosto che seduto”. Ma questa è una formula più adatta alla stanchezza che alla sfinitezza. Sdraiarsi non è mai la fine, l’ultima parola, è la penultima, e si rischia di essere abbastanza riposati, se non per alzarsi, almeno per girarsi o strisciare. Per fermare lo strisciante, bisogna ficcarlo in un buco, piantarlo in un orcio dentro il quale, non riuscendo più a muovere le membra, smuoverà ancora qualche ricordo. Ma la sfinitezza non si lascia ancora sdraiare e, a notte fatta, resta seduta al suo tavolo,  la testa svuotata su mani prigioniere.
[…]

Gilles Deleuze, L’esausto, Nottetempo 2016

Beckett – Bach

[Per Marcello e Siegfried]

Smania visto questo –
questo –
qual’è la parola –
questo –
questo questo –
questo qui –
tutto questo questo qui –
smania dato tutto questo –
visto –
smania visto tutto questo questo qui di –
di –
qual’è la parola –
vedere –
intravedere-
credere d’intravedere –
smania di voler credere d’intravedere quale –


Qual’è la parola in  S. Beckett, Poesie, Einaudi, 1999
a cura di G. Frasca

 

 

Beckett – Compagnia

Imminente sovrasta per un certo periodo ciò che segue. La necessità di compagnia non è costante. Momenti in cui la sua monotonia non è una variante. Intrusione di voce allo stesso modo. In modo analogo immagine dell’ascoltatore. In modo analogo la propria. Rimpianto poi di averle suscitate e problema di come dissolverle. Infine che senso allora la sua monotonia? Quale possibile variante. Lascia perdere. Per adesso.

S. Beckett, Compagnia e Worstward Ho, Jaca Book, 1986

A force de – faillite

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A force de – faillite  à force de faillite la folie s’en mêle. A force de débris. Vus n’importe comment n’importe comment dits. Crainte du noir. Du blanc. Du vide. Que’elle disparaisse. Et la reste. Tout de bon. Et le soleil. Derniers rayons. Et la lune. Et Vénus: Plus que ciel noir. Qui terre blanche. Ou inversement. Plus de ciel ni de terre. Finis haut et bas. Rien que noir et blanc. N’import où partout. Que noir. Vide. Rien d’autre. Contempler cela. Plus un mot. Rendu enfin. Du calme.
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S. Beckett, Mal vu mal dit,Les edition de minuit,1981

Mal visto mal detto

L’occhio ritornerà nei luoghi dei suoi tradimenti. In congedo secolare da dove gelano le lacrime. Libero per un attimo ancora di versarle calde. Sulle beate lacrime che furono. Godendo al contempo del cumulo di minerale bianco.. Che in mancanza di meglio si accumula incessantemente su se stesso. Che se continua arriverà al firmamento. Alla Luna. A Venere.

 

 S. Beckett, Mal visto mal detto, Einaudi 1986  (pag.33)

 

 

Pseudo-Chamfort

Quand on a été tourmenté, bien fatigué par sa propre sensibilité, on s’aperçoit qu’il faut vivre au jour le jour, oublier beaucoup, enfin éponger la vie à mesure qu’elle s’écoule.


Live and clean forget from day to day,
Mop life up as fast as it dribbles away.


Vivi e cancella ogni giorno che sia
la vita asciuga che già sbava via


S. Beckett – da Pseudo- Chamfort (Long After Chamfort) in Poesie,
a cura di G. Frasca, Einaudi 1999