[…] Separazione contro presenza: basta una porta chiusa. Una semplice porta chiusa, e già non so più nulla della tua realtà. Eri là, seguivo il respiro e il pulsare del tuo sangue. La porta si è chiusa, non so più nulla. Potresti essere morto o essertene andato per sempre.
Separazione nella presenza: anche nella presenza anche nella presenza costante, prossima e familiare di ogni istante. Separazione nel cuore della presenza, separazione che rende la presenza reale, piena, nell’istante che sta nel cuore del tempo. Nessuna presenza senza separazione[…]
[…] La vita non ci lascia, a poco a poco, altro che ricordi.
E’ tutto ciò che abbiamo, e quanto precario! I ricordi che evochiamo più spesso si ocnsumano o si irrigidiscono al nostro ripetuto richiamo: I più si sottraggono o vanno sfumandol’uno nell’altro. I ricordi felici proiettano la loro asenza sul presente. I ricordi tristi, la cui tristezza si è attenuata col passare del tempo, tendono a diventat re tutt’uno, nel mondo dei racconti, con le parole del loro racconto, e suscitano così uan sorta di rimorso, come se li stessimo abbandonando per infedeltà.
E tuttavia è attraverso i nostri ricordi, e attraverso un presente già vissuto come ricordo, che noi viviamo la separazione e l’esilio, o noi stessi in quanto esiliati.
Esiliati dal passato, per la sua assenza presente; esiliati dal presente, per la sua acutezza o per la nostra sonnoleza, per l’evidenza del suo rifiuto, o per la sua evanescenza, oper l’ardore con cui tende a un futuro ancora malleabile all’attesa e al desiderio; esiliati dal futuro, per la sua irrealtà e per la nostrqa impazienza: non sappiamo trovare, nel tempo, un luogo in cui vivere.
L’opacità del tempo non meno della sua trasparenza, della sua onnipresenza inafferrabile, ci separano da noi stessi, possiamo sfuggire, attraverso un reale fuggitivo, all’eternità che per noi è mortale. […]
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J.Hersch, Dall’esilio all’addio, in “La nascita di Eva.Saggi e racconti”, Interlinea 2000
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